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Liturgia
Il Santo Rosario
Le origini del Rosario


La parola Rosario, da cui prende il nome la preghiera, in onore della Vergine, più diffusa ed amata dal popolo cristiano, deriva dal latino Rosàrium che significa giardino di rose, roseto. Fu così chiamata poiché i grani della corona usata per contare, si dissero rose quasi a rappresentare i fiori di un mistico serto in onore di Maria. Le sue origini si possono collocare intorno all’anno mille nei monasteri dell’Irlanda del IX secolo, dove si recitavano i 150 Salmi di Davide. In questi monasteri però vi si trovavano monaci conversi che non sapevano leggere e scrivere e non potevano imparare a memoria i 150 salmi, allora un monaco suggerì di recitare 150 Pater Noster al posto dei 150 Salmi. Dopo breve tempo i Pater Noster vennero sostituiti dal Saluto Angelico, la prima parte dell’Ave Maria di oggi, le cui origini, risalenti ad alcuni secoli prima , sono da attribuire ai cristiani che, guidati dall’istinto della fede, la composero ricavando dal Vangelo di Luca le parole che l’Angelo Gabriele e Santa Elisabetta dissero alla Vergine (cf.Lc 1,28-42). Le ripetizioni vennero ridotte a 50, ridimensionando così il numero totale di preghiere per ogni corona.

Nei primi decenni del 1400, un giovane novizio della Certosa di Treves, Domenico Helian detto il Prussiano, associò ad ogni Saluto Angelico, dopo il Nome di Gesù, una clausola che richiamava un episodio della Sua vita o di quella della Vergine, corrispondente ai vangeli dell’infanzia di Cristo, della sua vita pubblica e della sua Passione e Risurrezione. Il Salterio di Maria, da qui in poi venne chiamato "rosario" ed in alcuni luoghi "corona", ovvero "piccolo serto".
Originariamente l’Ave Maria terminava dopo la clausola, seguita dall’Amen e dall’Alleluia, in quanto non si era ancora diffusa la seconda parte della preghiera, anch’essa nata all’interno dell’Ordine monastico dei Certosini e da loro largamente diffusa.

Verso il 1470 il Beato Alano de la Roche inaugura una nuova fase della propagazione di questa pratica devozionale. Dà diffusione, infatti, alla tradizione della Chiesa secondo la quale il Santo Rosario sarebbe stato ispirato a San Domenico, per convertire i non credenti e i peccatori, direttamente dalla Santa Vergine a lui apparsa e ripropone la meditazione dei misteri suddivisi in tre cinquantine: gaudiosi, dolorosi e gloriosi, raggruppati in quindici episodi principali.

La struttura definitiva al Rosario fu data da fra Alberto di Castello nel 1521. Il numero dei misteri viene ridotto a 15 scelti tra i principali e nel 1569, con la bolla “Consueverunt Romani Pontefices”, Papa Pio V consacra definitivamente la pratica del Rosario in questa forma semplificata non molto dissimile da quella in uso oggi. Lo stesso Pontefice, nel 1572, con la bolla “Salvatoris Domini” , scritta a pochi mesi dalla vittoria di Lepanto delle forze navali cristiane contro la flotta navale turca , istituisce la celebrazione liturgica di Nostra Signora della Vittoria, nella convinzione che la vittoria fosse dovuta al possente intervento della Madonna del Rosario. Nell’anno successivo , Papa Gregorio XIII, con la bolla “Monet Apostolus” istituisce la festa solenne del Rosario, inserendola nel calendario liturgico alla prima domenica di ottobre.

Molti sono i Papi che hanno scritto documenti sul Rosario, a cominciare da Urbano IV (1261-64) fino a Giovanni Paolo II; ancora di più sono i Papi che, pur non avendo scritto documenti specifici sul Rosario, hanno esaltato e raccomandato questa preghiera definita "Vangelo in compendio", "salterio del popolo", "catena dolce che ci riannoda a Dio", "preghiera della famiglia e per la famiglia", "scuola di contemplazione e di meditazione” dei misteri di salvezza utili a metterci in comunicazione con Gesù attraverso il cuore della Madre.

Papa Leone XIII fu detto il papa del Rosario per i numerosi documenti (12 Encicliche) che dedicò a questa preghiera con la quale si assicurava, come da Lui stesso affermato nell’Enciclica Supremi Apostalatus Officio, “un esercito di contemplativi” grande quanto il popolo cristiano, unendolo in una supplica corale difronte ai mali della società. In risposta a questo appello il Beato Bartolo Longo formulò la celebre supplica.

Pio X tenendo probabilmente conto del cospicuo magistero del suo predecessore si è soffermato sul Rosario in documenti minori come la Lettera Apostolica Summa Deus scritta in occasione del cinquantesimo delle apparizioni di Lourdes, sottolineando come tale fatto meraviglioso abbia accresciuto il culto verso la Madonna ed il Santo Rosario.
Benedetto XV, il primo Papa a recitare la Supplica in Vaticano, nel documento dedicato al VII centenario della morte di San Domenico Guzman, raccomandò caldamente il pio esercizio poiché esso è rimedio e conforto nei momenti della prova essendo una prece “meravigliosamente idonea a nutrire e a far sorgere in tutte le anime la carità e la virtù”. Pio XI, nella Ingravescentibus malis del 1937, scrive che il Rosario è una preghiera che mentre inculca l’amore per Dio, insinua la carità verso il prossimo ed esorta i sacerdoti ad incentivarla. Pio XII, con la Ingruentium Malorum nel 1951, sottolinea il significato del Rosario per la famiglia e invita alla preghiera consapevole della sua “potente efficacia per ottenere l’aiuto della Vergine”. A lui va anche il merito di aver coniato un’espressione divenuta ricorrente nel Magistero dei suoi successori: Il Rosario della Vergine può essere considerato in sintesi, compendio di tutto il Vangelo.

Giovanni XXIII dedicò al Rosario due significativi documenti: L’Enciclica Grata Recordatio del 1959, sulla recita del Rosario per le missioni e per la pace e la Lettera Apostolica Il Religioso Convegno del 1961 con cui raccomandava questa preghiera che considerava preghiera sociale, pubblica ed universale in ordine ai bisogni ordinari e straordinari della Chiesa, delle nazioni e del mondo.

Secondo Paolo VI, “meditando i misteri del Santo Rosario, noi impareremo, sull’esempio di Maria a diventare anime di pace, attraverso il contatto amoroso ed incessante con Gesù e con i misteri della sua vita redentrice”. La preghiera del Rosario quindi propizia il dono della pace e rende i credenti operatori di pace. I documenti scritti da Paolo VI sulla preghiera del Rosario sono: l’Enciclica Mense maio del 1965 con la quale esortava i pastori ad “inculcare con ogni cura la pratica del Santo Rosario, la preghiera così cara alla Vergine e tanto raccomandata dai Sommi Pontefici”; l’Enciclica Christi Matri del 1966 con la quale invitò i credenti a chiedere a Dio, attraverso l’intercesssione della Madre, il dono della pace; l’esortazione apostolica Marialis Cultus del 1974, con cui fornì valide indicazioni per la revisione e lo sviluppo della pietà liturgica e dei pii esercizi, dell’Angelus e del Rosario.

Giovanni Paolo II dedicò a Maria il suo motto: Totus tuus e a Lei dedicò molti dei suoi documenti. Sul Rosario in particolare scrisse la Lettera Apostolica, del 2002, Rosarium Virginis Mariae nella quale delineò il bisogno della Chiesa di contemplare Cristo mettendosi alla scuola di Maria.
Il contenuto del Rosario, secondo il Pontefice, è il volto di Cristo contemplato con gli occhi e con il cuore di Maria. Con questa Lettera Apostolica il Santo Padre istituì 5 nuovi misteri che chiamò Misteri della Luce e proclamò l’anno dal 16 ottobre 2002 al 16 ottobre 2003 anno del Rosario.

Oggi per la recita del Santo Rosario viene utilizzata la corona, originariemente si utilizzava una cordicella con nodi che veniva chiamata "Paternoster" anche quando serviva per contare le Ave Maria. Dalla corona, vista come semplice strumento per contare le preghiere, possono scorgersi alcuni simboli spirituali:
  • converge verso il Crocifisso, inizio e termine della preghiera e centro della vita cristiana;
  • lo scorrere dei grani della corona scandisce la preghiera, ma allude anche allo scorrere della vita, al cammino spirituale del cristiano;
  • assomiglia ad una catena e può essere vista come il simbolo di un forte legame spirituale, di un vincolo che unisce il cristiano alla Madonna ed a Cristo.

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